In questo articolo ti parleremo del Congresso che ha messo sotto accusa i grandi dell’hi-tech: Amazon, Apple, Facebook e Google.
A rapporto i quattro uomini più potenti di quella Silicon Valley e di quella West Coast americana, avanguardia mondiale della tecnologia.
Il 2020 non è stato di certo magnanimo e pare continui a lasciare segnali per vincere il primato di anno indimenticabile.
I quattro colossi del digitale, Amazon, Apple, Facebook e Google, sono stati chiamati a testimoniare alla Camera dei rappresentanti perché accusati di soffocare la concorrenza durante quello che potremmo definire l’evento dell’anno.
Che si tratti di personaggi importanti, con un certo potere, e che le loro aziende siano entrante nella nostra quotidianità al punto da spingerci ad affezionarci a ciascuno di questi marchi, è innegabile.
Che siano tutti e quattro, senza alcuna distinzione, miliardari e che abbiano un impatto decisivo anche per quanto riguarda grandi decisioni, anche.
Su questo ci auguriamo di essere tutti d’accordo.
Amazon, Facebook, Apple e Google hanno in mano tutto: dal commercio elettronico ai sistemi operativi per smartphone e ai suoi software, fino ai social network e ai motori di ricerca.
SECONDO L’ANTITRUST LA LORO POSIZIONE DOMINANTE LIMITA LA CRESCITA DI ALTRE AZIENDE. È VERO?
Durante il congresso sono stati sottoposti a una raffica di domande con un tempo di risposta minima. C’è da capire se la Camera dei rappresentanti volesse davvero scoprire qualcosa o se avesse semplicemente bisogno di accusare e di puntare il dito contro, senza generare uno scambio concreto di risposte sui temi in questione.
Perché? Per contrastarli? Per dargli ancora più potere?
L’organo della Camera non ha il potere di intervenire e di far separare ognuna di queste singole aziende in tante altre piccole aziende indipendenti, come accadde con AT&T nel 1984.
Ma forse questo congresso, che non ha portato a nulla in termini di chiarezza, vuole essere proprio un passo verso quella direzione?
Le quattro multinazionali insieme hanno un valore complessivo maggiore ai 5000 miliardi di $ e i capi di imputazione di ognuno sono contenuti all’interno di un milione di pagine compilate durante più di un anno di indagini.
Ognuna di queste realtà è stata chiamata in causa per motivazioni differenti, in comune hanno “solo” il problema, per l’antitrust, di esercitare troppo potere.
Facebook e Google sono accusati di censurare contenuti legali ai repubblicani (l’accusa non ha però una prova tangibile).
Apple invece è sul banco degli imputati per le politiche sull’app store, mentre Amazon per quelle nel settore dell’e-commerce.
Bezos, Cook, Pichai e Zuckerberg si sono collegati da remoto e per la prima volta è stato possibile vederli insieme in un’occasione simile.
Certo, lo sfondo alle loro spalle (senza distinzioni) fa pensare a tutto tranne che a uomini miliardari in grado di “manipolare le menti”, ma va bene, prendiamola come un modo da parte loro di voler apparire neutrali.
Soffermiamoci invece sulle accuse.
Secondo David Cicilline, a capo del congresso per l’antitrust, queste grandi aziende controllano il mercato dei dati e delle merci online e impongono la loro strategia tramite l’abuso del potere che hanno. Che secondo lo Stato è tra l’altro un potere troppo grande.
Gli elementi in ballo sono tanti e scottano troppo.
COSA HANNO RISPOSTO IN DIFESA LE MULTINAZIONALI?
Bezoz ha puntato sulla sua infanzia e sulla grande intuizione che ha avuto.
Sul lavoro svolto negli anni, sull’incredibile aiuto che Amazon da ad altri negozi e su quanti stipendi e quanto lavoro riesce a dare. Sottolinea soprattutto che oltre un milione e 700mila negozi vendono grazie a loro e che i loro dipendenti ricevono uno stipendio superiore a quello della media.
Pichai evidenzia come grazie ai servizi di Google milioni di americani abbiano dato vita a diversi commerci e migliorato la propria vita.
Tim Cook si affida alla sicurezza dell’App Store e all’aiuto che la sua azienda da a chi sviluppa le app. Ci tiene a ricordare infatti che solo 60 app presenti sullo store sono firmate Apple.
Mark Zuckerberg punta sull’emozione. Sottolinea che Facebook è nato per aiutare i piccoli commercianti ad emergere e per dare voce alle persone “normali”. Obiettivo quindi raggiunto alla perfezione.
“Capisco che ci siano preoccupazioni, ma la nostra azienda ha tanti concorrenti come TikTok, la stessa Apple, Amazon, Google” afferma il co-fondatore di Facebook.
Peccato solo che la concorrenza a cui fa riferimento l’antitrust non sia riferita solo a un numero così ristretto di aziende.
Qui probabilmente Mark ha peccato di presunzione, e non poco.
Cosa ha portato questo congresso? Nulla di concreto.
Zero risposte e zero necessità di far emergere quella chiarezza che tutti vorrebbero e che tutti si aspettano.
Il format utilizzato per l’intervista la dice lunga: un “talk show” rivolto più al mondo del gossip, al chiacchiericcio, all’apertura della campagna elettorale americana e niente più. Domande a raffica in soli 2 minuti di tempo per temi così delicati e soprattutto così complessi? Non prendiamoci in giro.
La realtà è che seppur in situazioni differenti, tutte e quattro le aziende si sarebbero macchiate di pratiche poco ortodosse.
In molti definiscono questo congresso come una linea netta di separazione tra il prima e il dopo.
Alcuni l’hanno etichettato come “la fine di un’era”.
Noi invece crediamo che la fine dell’era sia avvenuta già da un pezzo e che siamo già immersi in una del tutto nuova già da molto tempo.
Il cambiamento continuo porterà di certo anche nuove regole nel mondo del digitale.
Tu cosa pensi del potere di questi grandi colossi e della loro chiamata al Congresso dell’antitrust?
Discutiamone insieme, lasciaci un commento!