Da mesi ci ripetiamo la stessa domanda: “e se usassimo la schwa (ə) nei nostri testi – dagli articoli alla comunicazione sui social – per un linguaggio più inclusivo?”. I perché dietro questa domanda sono diversi e te raccontiamo qui.
La schwa -ə è un simbolo che aiuta a rendere l’italiano una lingua più inclusiva, meno legata al predominio del genere maschile.
Ad esempio: l’espressione “ciao a tutti” può riferirsi a un gruppo in cui sono presenti sia uomini che donne.
Ma la stessa espressione si riferisce anche a gruppi in cui ci sono solo uomini. Mettiamo il caso di entrare in aula in cui ci sono 50 persone, di cui 45 sono donne e 5 uomini. La lingua italiana prevede che anche in presenza di un solo uomo si passi al maschile sovraesteso: “ciao a tutti”.
Che questo sia giusto o sbagliato non sta a noi dirlo.
Che il dibattito sia accesso è però un dato di fatto.
Nell’articolo “i 5 benefici dell’inclusione e della diversità in azienda” avevamo già sottolineato quanto la diversità e di conseguenza l’inclusione non possano essere rappresentate come un ostacolo. I clienti cercano proprio questo dai brand di oggi: trasparenza e autenticità.
E l’80% di loro preferisce acquistare da brand inclusivi.
Secondo il nostro punto di vista la diversità è ricchezza e all’interno di un’azienda ognuno dovrebbe contaminare l’altro. Parliamo di una contaminazione positiva, ovvio!
In termini di business l’inclusione e la diversità in azienda portano a:
- una migliore capacità di prendere decisioni;
- un’innovazione aziendale continua;
- una maggiora capacità di percepire e gestire rischi;
- una crescita dei risultati;
- l’aumento della clientela.
Cosa c’entra tutto questo con la schwa?
Be’, anche il linguaggio è inclusione e diversità.
Ma senza le giuste accortezze potrebbe soltanto escludere.
Il punto è: quale sarà l’effetto di questa novità sui lettori, o suoi clienti?
Il messaggio arriva allo stesso modo? E come viene letto?
Potrebbe funzionare in ambito business?
Non sarà una scelta facile. Ad oggi nemmeno le più grandi aziende (inclusive) hanno fatto questo passo.
A farlo è solo una piccola minoranza, e quindi ci chiediamo… perché?
È pur vero però che la lingua la fanno i parlanti, e da qualche parte bisogna pur cominciare.
Inserire nel nostro copy la schwa ci sembra un ottimo passo verso quel cambiamento di cui tanto parliamo.
Non sarà una scelta facile perché non siamo abituati a vedere una “e” capovolta, non sappiamo come leggerla, come pronunciarla e non sappiamo se i lettori riescano poi a comprenderla.
Possiamo reputarla una scelta coraggiosa? Mmh…
Forse sarebbe più corretto parlare di umanità.
Ed è proprio questo il motivo per cui vogliamo pensarci bene.
Quello che non diciamo non esiste
I più tradizionalisti, quelli ancorati a un tipo di linguaggio “fermo”, ovviamente non accentano l’utilizzo di “simboli” per evitare stereotipi di genere. Sono in molti a pensare che ad esempio la schwa -ə o l’utilizzo dell’asterico -*, siano brutti da vedere. Il punto è che “brutto” non significa “sbagliato”, e spesso identifichiamo come brutto qualcosa che non siamo abituati a vedere, o sentire.
Sempre i tradizionalisti sottolineano che l’utilizzo del maschile sovraesteso in alcuni casi va inteso come un “neutro”.
Però: quello che non diciamo non esiste.
Quello che diciamo male – vuoi per ignoranza, vuoi per regole grammaticali – rimane intrappolato nella bolla del pregiudizio.
La schwa è da intendere esattamente così, come un neutro, che nell’italiano “corretto” non esiste ma che vogliamo far esistere.
La lingua, si sente dire spesso, è lo specchio della società. E la società è cambiata. E con lei il linguaggio e la scrittura.
Cominciare a usare un linguaggio e una scrittura inclusiva invece di un linguaggio e una scrittura discriminatoria è necessario?
Non vogliamo introdurci in un dibattito che esiste da anni, ma vogliamo semplicemente prendere una posizione.
Pensiamo che la schwa possa essere un buon compresso, un modo per far si che ognuno di noi possa identificarsi – come preferisce – in una frase, in un’azione, in un’idea.
Il linguaggio inclusivo è un tema che non possiamo ignorare, in generale come essere umani ma soprattutto come individui che si occupano di comunicazione.
Siamo le parole che usiamo, ed è verissimo.
Come usare un linguaggio inclusivo
Ti lasciamo di seguito un elenco di possibili alternative alla schwa nel momento in cui decidessi anche tu di fare attenzione alle parole che usi e puntare sempre più a un linguaggio inclusivo. Ad esempio:
– La doppia forma: Care tutte e cari tutti, siamo qui riunite e riuniti…
– La circonlocuzione: Care persone qui riunite…
– Il femminile sovraesteso: Care tutte, siamo qui riunite…
– L’omissione dell’ultima lettera: Car tutt, siamo qui riunit…
– Il trattino basso: Car_ tutt_, siamo qui riunit_…
– L’asterisco: car* tutt*, siamo qui riunit*…
– L’apostrofo: Car’ tutt’, siamo qui riunit’…
– La chiocciola: car@ tutt@, siamo qui riunit@…
– La u: Caru tuttu, siamo qui riunitu…
– La x: Carx tuttx, siamo qui riunitx…
– La y: Cary tutty, siamo qui riunity…
– L’inserimento di entrambe le desinenze: Carei tuttei, siamo qui riunitei…
– Le desinenze divise dal punto: Care.i tutte.i, siamo qui riunite.i…
– Le desinenze divise con la barra: Care/i tutte/i, siamo qui riunite/i…
È ovvio che spesso la parafrasi è più che sufficiente, basta utilizzare parole che non hanno bisogno di essere declinate.
Ad esempio: potremmo non dire/scrivere “Benvenuti” ma “Vi diamo il benvenuto a…”.
Certo, questo “raggiramento” non elimina il problema e non ti fa prendere una posizione ben precisa, ma è decisamente una scelta migliore rispetto al generico e glaciale “Benvenuti”.
Alcune delle alternative elencate sopra hanno comunque qualche problema di comunicazione.
L’asterisco per esempio non ha un suono di pronuncia, mentre la schwa sì.
Nelle storie in evidenza IG di Vera Gheno, sociolinguista e sostenitrice del superamento del binarismo di genere, potrai trovare la corretta pronuncia.
Quello della schwa è “un suono neutro, non arrotondato, senza accento o tono, di scarsa sonorità” (ci dice Treccani); sta al centro del quadrilatero vocalico, cioè tra A, E, I, O, U, e, come dice la Gheno, corrisponde al suono che si emette se non si deforma in alcun modo la bocca.
«Sì, ma anche la schwa ha dei problemi. Non è presente nella tastiera, ad esempio, o meglio solo in qualche tastiera smartphone.»
È vero, bravə, ottima osservazione!
Ma vediamo subito insieme come arginare questo problema.
Come inserire la schwa nella tua tastiera
Per inserire la schwa nella tua tastiera per prima cosa copia il simbolo “ə” da qui.
Apri un documento Word, vai su Inserisci e poi clicca su Simboli.
In basso a destra troverai la dicitura “correzione automatica” ed ecco che ti apparirà questa schermata.
Inserisci nella casella “sostituisci” la tua ə e in quella “con” aggiungi un tasto presente sulla tua tastiera, così da creare un collegamento rapido. Per salvare fai click su aggiungi.
Ed ecco fatto, che la schwa sia con te!
Pink Different e il linguaggio inclusivo
Come avrai notato il logo PINK DIFFERENT Ⓡ, prevede l’utilizzo di una palette cromatica composta da due declinazioni del colore ROSA/PINK accompagnati dal bianco e dal nero.
Non potevamo essere rappresentati da colori migliori, o meglio, da colori che ci rappresentassero così tanto.
Siamo convinti che il rosa sia un colore differente, associato alla figura femminile, ma non per questo limitato solo a quel mondo.
I colori non possono e non devono etichettarci in alcun modo, sta a noi scegliere le giuste sfumature per rappresentarci e per sottolineare le bellezze del nostro essere umani, senza distinzioni. E la stessa cosa, guarda un po’, vale per le parole che utilizziamo.
Ogni uomo nasconde dentro di sé (per fortuna!) una parte femminile, e viceversa.
Crediamo fortemente nella gentilezza, nei rapporti umani e nell’empatia che unisce le persone.
Nel sorriso e nel grazie.
Negli abbracci e nella gratitudine.
In un mondo che va così veloce, che non sempre si accorge dell’altro, che sottovaluta alle volte il sorriso e la buona educazione,
come se tutto fosse dovuto, sarebbe bene ricordare che siamo umani e non robot.
Che dietro ogni messaggio e ogni parola c’è qualcuno che ci ascolta, e che ci legge.
Ed è nostra responsabilità avere cura di ciò che diciamo.
Noi di Pink Different vogliamo fare la nostra parte e per farla vorremmo cominciare proprio da questo simbolo: ə.
Tu cosa ne pensi?
Se hai in mente altre possibili alternative alla schwa lasciaci un commento, saremo felici di prenderle in considerazione.
L’articolo ti è piaciuto? Lasciaci un commento, e grazie per essere arrivatə fin qui!