In questo articolo ti parleremo del South Working, l’idea di una giovane studentessa di permettere a tutti coloro che lavorano al Nord di tornare nella propria terra e di mantenere allo stesso tempo il lavoro con l’azienda.
Ti piacerebbe poter lavorare ovunque senza barattare il luogo in cui vivere con il denaro?
È diventata concreta la possibilità di lavorare al nord ma di restare al sud, nella propria città d’origine. In realtà è diventata concreta la possibilità di lavorare semplicemente in smart working, che oseremo dire, è già un gran risultato. Fino a poco prima della quarantena concedere il lavoro in remoto per la maggior parte delle aziende era pura utopia.
Noi lavoriamo in smart working da sempre e non per questo siamo meno umani o empatici con i nostri collaboratori. Se una squadra può definirsi tale lo è ovunque, dentro le mura di uno stesso edificio e fuori.
L’atteggiamento vincente di un team di lavoro che collabora a distanza è la FIDUCIA.
Per questo scegliere le “proprie persone” richiede tempo, attenzione e umanità.

Non è un caso che, proprio in questo periodo, si inizi a parlare di South Working, da un’idea del Palermo Hub di Global Shapers. L’idea è quella di lavorare al pc tramite internet da casa propria, situata nel Sud Italia, per conto di aziende con sede al Nord.
South Working è nato dall’intuizione di una studentessa palermitana, Elena Militello, ed altri venti professionisti, tutti attorno ai 30 anni e tutti con esperienze all’estero.
I primi terreni di prova scelti sono stati Milano e Palermo, le due città con più infrastrutture. La speranza è quella di arrivare a un patto istituzionale con aziende e comuni, una serie di linee guida e spazi di coworking. Ovviamente il coinvolgimento di tutti è un punto fondamentale: dai comuni delle città, alle aziende, ai dipendenti.
L’Italia si è svegliata tardi, e questo non ci sconvolge in modo particolare, sul fenomeno del “lavoro agile” rispetto ad altri Paesi in cui questo tipo di lavoro esiste già da anni.
È forse il caso di dire che questo periodo di lockdown ha in qualche modo permesso di aprire gli occhi, quanto meno su cosa significhi migliorare la qualità della propria vita.
Sono tanti i meridionali che iniziano a pensare seriamente al fenomeno del South working.
Non è solo il sud ad essere coinvolto in prima persona ma anche tutte quelle realtà lacustri, di montagna ad esempio, che negli anni sono state soggette a un progressivo spopolamento.
Cosa accadrà al mercato del lavoro dopo tutto questo?
È innegabile che lo smart working abbia concesso a diverse aziende di sopravvivere in questo periodo. Gli elementi di vantaggio ci sono e sono diversi sia per i datori di lavoro (vedi ad esempio il risparmio sui costi) sia per i lavoratori stessi (che hanno avuto il “lusso” di provare a creare un equilibrio tra lavoro e vita privata).
Secondo il 35% delle aziende intervistate, il 40% dell’attuale cambiamento verso lo smart working sarà permanente.
Certo, non tutte le professioni si prestano a questa modalità di lavoro e non per tutti è sufficiente il wi-fi, però una grossa parte potrebbe e dovrebbe prendere questa direzione.
Se c’è una cosa che lo smart working ci offre è un altro, repentino, cambiamento!
Quel tipo di cambiamento che potrebbe renderci migliori, come umani e come lavoratori.
E cosa accadrà al South Working?
L’obiettivo dichiarato di South Working è quello di stimolare l’economia del Sud e creare un terreno fertile per la crescita del Meridione.
Ma le grandi città non rischierebbero così di svuotarsi?
Non crediamo che si rischi davvero questo. Ma teniamo particolarmente al fatto che ognuno possa essere in grado di scegliere della propria vita senza sottostare a stupide limitazioni.
In molti, ad esempio, non tornerebbero nella propria città d’origine e un completo ritorno sarebbe comunque utopico, al momento.
Sarebbe però meraviglioso leggere una storia di South-working, che reciti più o meno così:
“Cara Milano lavoro per te, da ****. Produco molto e con efficienza, stasera però mi regalo un bagno al mare, o una cena con la mia famiglia. Ti faccio sapere”.
Cosa ne pensi di quest’iniziativa? Sei un lavoratore del meridione che si è trasferito al Nord per lavorare? Senti la mancanza della tua terra o saresti andato via comunque?
Raccontaci la tua storia e la tua opinione a riguardo nei commenti.